Gli scienziati della compagnia petrolifera Exxon avevano previsto, dalla fine degli Anni’70, il riscaldamento globale dovuto all’uso di combustibili fossili. Ma tacquero.
Uno dei maggiori colossi petroliferi del mondo era consapevole da decenni dei danni all’ambiente derivanti dall’uso di combustibili fossili, ma ha taciuto e spesso gettato dubbi sulla bontà dei modelli climatici: è quanto emerge da uno studio pubblicato su Science, che accusa la ExxonMobil di aver anteposto i propri interessi economici alla sicurezza climatica del Pianeta.
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Non è la prima volta che l’azienda riceve accuse del genere: già nel 2015 un report di InsideClimate News aveva puntato il dito contro l’omertà della ExxonMobil, rea di essere stata avvisata dai propri scienziati dei rischi “potenzialmente catastrofici” dei cambiamenti climatici causati dall’uomo. È proprio per confermare la veridicità delle accuse mosse da InsideClimate News che alcuni ricercatori dell’Università di Harvard e del Potsdam Institute for Climate Impact Research hanno deciso di indagare più a fondo, visto che all’epoca l’azienda si era difesa sostenendo che i giornalisti avessero mostrato solo una parte della realtà, selezionando alcuni fatti e tralasciandone altri.
LE ACCUSE. Lo studio di Science parla chiaro: dal 1977 al 2003 gli scienziati della Exxon hanno studiato attentamente il ruolo dei combustibili fossili nel riscaldamento globale, stabilendo con precisione la quantità massima di CO2 che avremmo potuto immettere nell’atmosfera prima di raggiungere livelli di allerta ed escludendo l’arrivo di una nuova era glaciale (pur continuando a farvi riferimento pubblicamente).
ETICA VS DENARO. Le consapevolezze interne, però, si sono scontrate con gli interessi economici dell’azienda, che nel terzo trimestre del 2022 ha avuto utili per quasi 20 miliardi di dollari. Nel 1999 Lee Raymond, amministratore delegato della ExxonMobil, dichiarava che le proiezioni sul riscaldamento globale erano «basate su modelli climatici totalmente infondati o, più spesso, su mera speculazione» e − l’anno seguente − che non avevamo «una comprensione scientifica del cambiamento climatico sufficiente per poter fare delle previsioni ragionevoli e/o giustificare misure drastiche».
DEBOLI DIFESE. Dal canto suo la ExxonMobil si difende piuttosto debolmente, negando ogni capo d’accusa senza però portare argomenti solidi a proprio favore: «Negli ultimi anni la questione è venuta fuori più volte, e la nostra risposta è sempre la stessa: chi afferma “Exxon sapeva” si sbaglia», ha dichiarato l’azienda alla BBC.
Secondo gli autori dello studio, negando la scienza climatica la ExxonMobil contraddiceva i suoi stessi scienziati: si trattava di una politica aziendale ben precisa, come testimonia un documento interno nel quale veniva stabilito che in pubblico l’azienda dovesse «mettere l’accento sull’incertezza delle conclusioni scientifiche riguardo l’effetto serra».
Le accuse mosse alla ExxonMobil non dovrebbero stupirci più di tanto: la sua situazione è un chiaro esempio di come (quasi sempre) gli interessi privati vengano prima del bene comune. Altrimenti perché sarebbe permesso fumare tabacco?
Articolo pubblicato su Focus