31 Gennaio 2025

CNR: i no al fv a terra faranno crescere i costi di sistema

Il ricercatore del CNR Luigi Moccia ha spiegato a pv magazine Italia come l’aumento dei costi di sistema legato a un eventuale veto al fotovoltaico a terra al 2050 si attesterebbe intorno a 7 euro/MWh, mentre il veto al nucleare non aumenterebbe i costi di sistema.

Il nucleare non rientra nel mix energetico ottimale di un distretto energetico nell’Italia meridionale al 2050, mentre il fotovoltaico a terra dovrebbe aumentare il proprio peso in uno scenario ottimale.

“I legislatori dovrebbero comprendere che l’uso del suolo di questa tecnologia è comunque contenuto e non è necessariamente un danno ma può rappresentare una opportunità per co-benefici sulla biodiversità (conservoltaic). Questo anche in caso di dimezzamento dei costi del nucleare, come da scenari della International Energy Agency (IEA)”, ha detto a pv magazine Italia Luigi Moccia dell’Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

“Nel caso di veto al fotovoltaico a terra la capacità di accumulo aumenta del 16-20%, con conseguenze sui costi di sistema del 15-25%, il curtailment raddoppia, mentre il costo dell’idrogeno a zero emissioni aumenta del 14-21%”, ha spiegato Moccia.

L’aumento dei costi di sistema legato a un eventuale veto al fotovoltaico a terra al 2050 si attesta intorno a 7 euro/MWh. Il veto al nucleare invece non aumenterebbe i costi di sistema.

“Le valutazioni economiche suggeriscono che il nucleare non è una tecnologia adatta per integrare le rinnovabili dato che ha elevatissimi costi fissi, mentre per questo ruolo servono tecnologie dai bassi costi fissi, in quanto il costo marginale elevato di impianti come i turbogas da biometano non è un problema per i costi di sistema quando l’integrazione è su pochi punti percentuali” ha detto Moccia, specificando che i costi di sistema aumenterebbero però nel caso in cui i turbogas dovessero rappresentare più del 5% del mix energetico.

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