Greenpeace Italia e ReCommon hanno pubblicato l’approfondimento “Le sei zampe di ENI sulle scuole e le università italiane” per denunciare come, attraverso finanziamenti, corsi di formazione e parternariati ENI stia cercando di trasmettere una buona immagine dell’azienda.
«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento“, questo recita la nostra Costituzione. Ma in ambito accademico, quando un’azienda interferisce nell’erogazione della didattica di un corso di laurea viola lo scopo formativo dell’università. Se i finanziamenti arrivano da realtà che hanno un impatto importante e dannoso sul clima del pianeta, è ancora più grave. Per questo chiediamo che realtà come ENI la smettano di strumentalizzare scuole e università e stiano fuori da questi pilastri del nostro futuro», dichiarano Greenpeace Italia e ReCommon descrivendo gli interventi che ENI sta portando avanti in numerosi atenei italiani o in aree in cui opera come Gela o la Basilicata.
«In Italia abbiamo subito constatato la distanza fra le nostre università e quelle di molti Paesi esteri», spiega Matteo Spicciarelli della campagna END FOSSIL. «Se in molte città estere dopo una iniziale resistenza gli atenei hanno convenuto sulla necessità di mettere in discussione le loro collaborazioni e la loro dipendenza economica dai soggetti privati responsabili della crisi climatica, in Italia invece abbiamo trovato un muro di gomma. Le nostre università cercano attivamente collaborazioni con le aziende ecocide e così promuovono la loro legittimazione sociale. Per questo continueremo a mobilitarci in sempre più università».
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